Un campanello a forma di coccinella.

 

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Buona domenica a tutti, come state? Tutto a posto? Io non c’è male…

Sto tornando, mo mo, da casa della commare Lisetta ché sta un poco costipata e gli ho fatto due melanzane in carrozza ché so che le piacciono.

Una ricetta sbrigativa proprio: le melanzane, la mortadella, i capperi, la pastella e poi friggo ché se non è fritto tutto tiene meno senso.

Speriamo che non pizzicano ché, quando la melanzana è amara, inutile che la metti sotto sale, quella semenza cattiva non la mondi in nessun modo e, poi, è peccato a Gesù perché butti via lavoro e soldi.

Domani mattina devo andare all’INPS perché devo sistemare una cosa per l’accompagnamento della mamma e già mi sta prendendo il freddo.

La mamma mia l’accompagnamento lo tiene perché, da qualche anno, passa più tempo a parlare con gli angeli che con i cristiani.

Una volta, si era convinta che Gino era un’amica sua, di quando era piccola, e voleva per forza giocare alla campana.

Gino, quella volta, non ha tirato nessun cristone, se l’è presa, l’ha portata giù e ha disegnato con una pietra il gioco per terra e si è messo a saltare nei quadrati.

Io lo guardavo da sopra e mi faceva ridere con tutta quella pancia che quasi gli sbatteva sul mento.
Ma nella testa della mamma era già cambiato il film e si era messa a camminare verso la piazzetta cantando “Nel blu dipinto di blu”.

E qui sì che Gino, tutto sudato, aveva tirato un cristone.

Mi sta venendo il freddo perché devo prendere la macchina e guidare dentro Lecce e io, quando sto in mezzo al traffico, sto sempre con il cuore di fuori.

La verità vera, cerco di guidare il meno possibile ché tanto a casa solo la Uno grigio arrugginito che rantola e si lamenta come un cane ferito teniamo e ce la litighiamo pure.

Tutti tranne la Veronica, la figlia grande, quella laureata, che tiene la bicicletta sua e, una volta, gliel’hanno pure rubata ma, nel giro di due ore, Emanuele aveva sistemato tutte le cose e l’aveva riportata indietro.

“Emanuele, non fare fesserie!” Gli aveva detto lei.

“Tu non ti preoccupare, la bici la rivuoi?” Le aveva chiesto con quell’aria da malecarne che, qualche volta, caccia e io non so proprio da chi se l’è imparata.

“Sì, ma…” La Veronica, che il senso delle cose giuste non l’abbandona mai, aveva cercato di fermarlo.

Poi, oltre alla bici, le aveva fatto trovare sul manubrio pure un campanello a forma di coccinella.

È un disgraziato ma, ogni tanto, caccia certe forme di gentilezza che mi ricordano quando era bambino e gli bastava un pacchetto di figurine per stare tranquillo.

Comunque, sia che piglio la Uno grigio arrugginito sia che piglio la 32, c’è sempre qualcosa che mi attacca il sistema nervoso.

Se sto ferma al semaforo rosso, ancora prima che esce il verde c’è uno che già suona il clacson così forte che sembra che vuole fare sapere pure a Dio che sta in macchina e deve passare.

Io gli faccio segno di stare calmo dallo specchietto retrovisore “Ada, prima o poi, mazzate ti danno  ché non sai mai chi tieni di fronte…” mi dice sempre Gino mio che, qualche volta, si preoccupa per me, più che altro perché se mi succede qualcosa manco le mutande pulite sa dove stanno.
Ma, poi, quello suona di nuovo e a me mi prudono le mani come quando Emanuele tornava a casa ubriaco e suo padre era già tornato, ubriaco pure lui, e io mi pensavo: “Ma è questa la vita mia?”

Sì, è questa la vita mia.

Per non parlare, poi, delle macchine parcheggiate in doppia fila con le quattro frecce ché le persone si pensano che con le quattro frecce possono fare tutto quello che gli dice la testa.

“Tanto un attimo ci metto…” e scendono per andare al bar a prendersi il caffè e a parlare del Lecce con gli amici loro.

E io, intanto, aspetto, come Sant’Oronzo sulla colonna, con rispetto parlando, e magari in macchina tengo i surgelati che si scongelano e, poi, li devo buttare ché, come dicono alla televisione, non si interrompe la catena del freddo e, a casa, ci sta Gino nervoso che gli devo fare da mangiare perché deve andare al lavoro nuovo – mo entra ed esce dai palazzi i bidoni della differenziata – la mamma che si sta infilando i vestiti della Veronica convinta che sta passando papà mio, buonanima, per portarla a ballare, la zia Marietta che prova i confetti per il matrimonio con il maestro Nino fottendosene della glicemia alta.

Ma tanto lui ha messo le quattro frecce e quindi non c’è fretta.

E, poi, ci sono quelli che si pensano che la strada è tutta loro e quando cerchi di passare sulle strisce pedonali, magari carica di buste, ti guardano pure male di sopra.

La zia della Rosaria, l’Antonietta, quella che abita a San Pio, si è fatta tutta l’estate scorsa con il gesso perché l’aveva investita un giovinastro che, poi, si è pure scoperto che aveva bevuto di prima mattina.

È passato un anno e va ancora tutta piena di dolori e bene le è andata ché poteva stare al camposanto a quest’ora.

Sono tutti così pazzi quando guidano che io tengo sempre paura che, ad un certo punto, scendono dalle macchine e iniziano a scannarsi come in quella cosa che Emanuele si guarda alla televisione dove le famiglie si fanno la guerra perché tutti vogliono diventare re e regine e mettersi sul trono, più o meno come quando la zia Marietta e Gino mio si scannano per il telecomando e il divano.

Poi, mi tranquillizzo un poco, faccio i respiri, come mi ha detto la Rosaria che si è segnata a un corso di yoga che dice “che ti fa vedere le cose nella giusta prospettiva” anche se, la verità vera, per vedere le cose dalla giusta prospettiva, gli occhi proprio mi dovrebbero cambiare e mi ritorna la testa fresca e quasi mi sento come Emanuele che di pensieri non ne ha mai avuti anche se mo nasce il figlio suo e della Vanessa e voglio vedere come fanno.
Come faccio io, le cose giuste, ché, tra un po’, tengo un’altra anima di Dio da far stare dritta al mondo pure quando tira la tramontana forte.

Ma tanto dice che, poi, gli danno mille euro per l’asilo, no?

A tutti e fino a esaurimento scorte, come le offerte dell’Ipercoop.

A noi che stiamo ai piedi di Cristo e al nipote della Signora dove faccio le pulizie che tiene il marito Ingegnere, la casa al centro storico, i figli debosciati e un fulmine di soldi.

Che bello, per una volta siamo tutti uguali!

Fatemi andare, ah, ché devo fare una copia delle chiavi del portone di casa ché l’amministratore ha fatto cambiare la serratura, nessuno mi ha avvertito e io sono rimasta fuori casa, proprio come è successo a quell’architetto del Comune, qualche giorno fa, no?
Solo che quella non era casa sua.

 

Informazioni su Simona Toma

Bella di padella, paroxetina lover, ho un'opinione su tutto e, tendenzialmente, mi basto da sola. E, comunque, rimango sempre un'esilarante storia d'amore e cinema.
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